“Generare una libertà più grande”: la sfida per trasformare le relazioni e la sostenibilità

È necessario superare le pulsioni individualistiche per ridefinire il nostro rapporto con gli altri e con l’ambiente: il nuovo libro di Giaccardi e Magatti.

di Andrea De Tommasi

giovedì 22 maggio 2025
Tempo di lettura: min

Solo in rapporto con gli altri diventiamo noi stessi ed esercitiamo la vera libertà, in modo transitivo e generativo e non predatorio. È questa l’idea che attraversa il libro Generare libertà (Il Mulino), scritto da Mauro Magatti e Chiara Giaccardi, sociologi all’Università Cattolica, e presentato il 20 maggio al Palazzo delle Esposizioni di Roma, nell’ambito dell’iniziativa “Libri in Agenda” del Festival dello Sviluppo Sostenibile.

A moderare il dibattito è stato Giacomo Bottos, direttore di Pandora Rivista, che ha sottolineato come le riflessioni proposte nel volume abbiamo “molti punti di contatto con la sostenibilità, ma si sviluppano anche in direzioni storiche e filosofiche: proprio questi legami vogliamo esplorare”.

Magatti ha posto l’accento sull’argomento sostenuto nel libro: l’idea moderna di libertà ha spinto l’umanità verso un salto straordinario, “dall’aumento del Pil alla speranza di vita alla crescita demografica”. Questo successo ha prodotto però anche una “enorme crisi entropica”, ovvero una pressione crescente sui limiti del pianeta. “Non esiste forma di vita che non sia in relazione con ciò che c’era prima e ciò che ci sarà dopo”, ha detto, criticando l’illusione individualista che ci fa pensare di esistere in modo isolato. Per Magatti è necessaria una nuova concezione della libertà, capace di tener conto delle relazioni: “Possiamo esprimere la nostra libertà solo se comprendiamo che ha bisogno di circolare sugli altri. La sostenibilità ha bisogno alla base di un’idea di libertà più grande, altrimenti rischia di non centrare l’obiettivo”.

Giaccardi ha spiegato che la generatività, al centro del volume, “non è un modello o una teoria, ma un modo di raccontare la trasformazione nel legame”. Generare, ha sottolineato, è diverso dal produrre: “La radice ‘gen’ indica relazione. Generare è un processo vitale, che definisce chi dà tanto quanto chi riceve”. Giaccardi ha quindi introdotto tre parole chiave: libertà, interindipendenza e cura. La libertà “non è solo prendere opportunità, ma anche dare un contributo: è in quel momento che si riceve una forma che ci definisce”. Citando il teologo Raimon Panikkar, ha parlato di “inter-in-indipendenza” come ossimoro della libertà che si esprime nel legame, che “è un vincolo positivo, perché ci costringe a porci un limite, ma è anche un volano per un salto di livello”. Infine, il concetto di cura, inteso non in senso moralistico ma etimologico: come attenzione all’altro, come alternativa all’individualismo entropico che “ha generato tante ferite”.

Andrea Prencipe, già rettore della Luiss e autore del libro Università generativa, ha evidenziato che “siamo umani in quanto sostanza, ma immersi in un sistema di relazioni. In questo contesto dobbiamo riscoprire la nostra capacità innata di essere generativi”. Un’esigenza che deve attraversare l’intera filiera educativa: l’università, infatti, “deve insegnare ai giovani a esserlo”, ripensando le pratiche educative anche alla luce delle sfide poste dall’intelligenza artificiale. A tal proposito ha citato un progetto sviluppato dalla Luiss in collaborazione con il King’s College di Londra, per inserire nell’esame universitario una prova da svolgere con l’ausilio dell’AI. Saper discernere è però un compito che spetta agli umani: “Per capire le macchine, dobbiamo tornare a imparare a pensare”.

Paola Dubini, professoressa di Management all’Università Luigi Bocconi e coordinatrice del Gruppo di lavoro trasversale “Cultura per lo sviluppo sostenibile” dell’ASviS, ha sottolineato il valore della parola “generativo”, che “porta con sé l’idea di interdipendenza ma anche di trasformazione. È un passo ulteriore nel discorso sulla sostenibilità”. Dubini ha richiamato l’interdipendenza degli stessi Obiettivi dell’Agenda 2030, che ci porta a ragionare in termini complessi e sistemici.

Luigino Bruni, ordinario di Economia politica alla Lumsa, ha infine riflettuto sul tema della libertà come filo conduttore del testo: “La libertà è vista come espansione della vita. Il libro riconosce i meriti del capitalismo occidentale nell’aver allungato la speranza di vita, pur mantenendo uno sguardo critico”. Bruni ha invitato a considerare la “dimensione ambivalente” della libertà e del capitalismo: “Nel Novecento il capitalismo era lavoro, imprenditorialità, produzione. Alla fine del secolo ha lasciato la fabbrica per abbracciare il consumo, un passaggio che, come osservava Pasolini, ha inciso profondamente sul piano dei desideri. Abbiamo sovrastimato il lavoro e sottostimato la cura. Ma il vero cambiamento culturale oggi è far sì che la stima passi dal lavoro alla vita. La rivoluzione della cura è dare valore al basso impatto”.

di Andrea De Tommasi