Obiettivo 2030: la politica torni a “impostare i disegni di un futuro migliore”

Dalle proteste sul Green deal al rapporto tra partiti ed elettorato, dagli investimenti in tecnologie verdi a un’autorità indipendente sul clima: il dibattito sul volume pubblicato da Rubbettino nell’ultimo appuntamento di Libri in Agenda.

di Flavio Natale

mercoledì 4 giugno 2025
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Un saggio che si muove dai risultati del Rapporto ASviS 2024, aggiornandolo attraverso il contributo di esperti ed esperte ed elaborando proposte concrete per il futuro. Questo il centro nevralgico di Obiettivo 2030: come trasformare l’Italia per un futuro sostenibile (Rubbettino editore), il libro presentato il 30 maggio nell’ultimo appuntamento del ciclo Libri in Agenda, un’iniziativa curata da Giacomo Bottos, presidente di Pandora Rivista, che si è svolta nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2025. L’incontro ha visto la partecipazione di Giuliano Amato, ex premier e presidente emerito della Corte costituzionale, Enrico Giovannini, prefatore del volume e direttore scientifico dell’ASviS, e Lucrezia Reichlin, economista e autrice di uno dei capitoli di Obiettivo 2030.

L’Europa si è fermata davanti alle resistenze”, ha esordito Amato, che ha esaminato il comportamento altalenante dell’Ue rispetto alle contestazioni per le misure del Green deal. “Durante la protesta dei trattori ho assistito alla marcia indietro di tutta la politica europea”, non solo di quella contraria alle misure ambientali, ma anche delle aree più favorevoli, che hanno dato risposte balbettanti, ha proseguito. “Ho preso atto dell’abdicazione dei partiti rispetto al loro mestiere e ruolo”, ha quindi aggiunto.

La politica, per Amato, serve proprio per “impostare i disegni di un futuro migliore, in questo caso di futuro sostenibile, e acquisire il consenso dei cittadini sul percorso che porta a quell’obiettivo, convincendoli che il sacrificio presente vale la pena rispetto al beneficio futuro”. Capacità d’azione e di convincimento che in questi anni si sono molto affievolite: “La politica ha perso la capacità di percorrere la sua rotta nel mare difficile della società e si è messa a fare il surf. Sa solo mettersi su una tavola che stia sull’onda, non è capace di orientarla. Ma facendo surf l’onda la porta nella direzione che vuole”.

Di opinione simile Lucrezia Reichlin, che ha dichiarato che il più grosso errore della comunicazione sulla transizione ecologica è stato spacciarla per una situazione win-win. “Non solo a livello sociale, ma anche per produttori e imprese. La transizione verde è uno shock negativo dell’offerta”. Per l’economista, una grande speranza viene dall’innovazione, che porta con sé un calo vertiginoso dei prezzi di alcune tecnologie essenziali come le batterie. È anche vero però che “i soldi per promuovere gli investimenti e l’adattamento non sono stati messi sul tavolo. Il Green deal ha puntato tutto su tassa del carbonio e tassonomia, ma non ha dato le gambe al sistema produttivo. La Cina ha fatto l’opposto, investendo in nuove tecnologie e capacità manifatturiera”. Da questo punto di vista, ha avvertito Reichlin, “la transizione verde non si fa senza la Cina”. Ma l’Unione europea può cogliere un’opportunità significativa: occupare il posto di leadership politica che “gli Usa stanno abbandonando sul terreno”.

Enrico Giovannini si è invece concentrato sul rapporto tra elettorato italiano e transizione energetica: “Secondo gli studi, la stragrande maggioranza è a favore. Però la politica sta facendo marcia indietro. Perché?” Una spiegazione è che alcuni movimenti di grande impatto come i Fridays for future stanno vivendo un momento di flessione, dopo “una spinta straordinaria”. Il secondo è che sulla transizione verde si stanno scontrando “visioni del mondo e del capitalismo molto diverse, persone che non vogliono perdere il loro business e aree politiche che non hanno voglia di imbarcarsi in questa battaglia”. Ed è proprio il tema alla base del libro Obiettivo 2030: “Questo testo affronta la disconnessione tra i desideri delle persone e quello che sentiamo dire nel dibattito pubblico”. La grande maggioranza delle cittadine e dei cittadini, ha aggiunto il direttore scientifico, “chiede sul clima un’autorità indipendente”, per non oscillare con il vento dei mutamenti politici. E questo sì che potrebbe essere un vero punto di svolta.

di Flavio Natale