Meno rifiuti, più risparmi: il documento sui vantaggi del deposito cauzionale

Ripulire la terraferma dai rifiuti in Europa costa fino a 13 mld di euro l’anno, ma ridurre i costi aiutando l’ambiente si può. ASviS e A buon rendere spiegano perché l’introduzione del deposito cauzionale in Italia non è più rinviabile. 

di Maddalena Binda

lunedì 19 maggio 2025
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Il triste spettacolo dei rifiuti di plastica e in lattina abbandonati in città, al mare o in campagna ci è fin troppo familiare, ma c’è un meccanismo che potrebbe migliorare la situazione: il sistema di deposito cauzionale (Deposit return system in inglese). Nelle regioni europee in cui questo sistema è attivo il fenomeno dell’abbandono nell’ambiente (littering) dei contenitori per bevande è inferiore del 66% rispetto ad altre aree europee. Perché allora non adottarlo anche in Italia?

Da queste premesse parte il documento Il deposito cauzionale, questo sconosciuto, realizzato dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile Ets e A buon rendere – molto più di un vuoto e presentato a Bologna il 19 maggio durante l’evento “Distretti e filiere sostenibili resilienti per lo sviluppo dell’Italia” nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2025.

Da rifiuti a risorsa: come funziona il deposito cauzionale

Il sistema di deposito cauzionale prevede di “pagare” una piccola somma (nei Paesi europei si aggira tra i 10 e i 25 centesimi di euro) che viene restituita quando il consumatore riporta il contenitore vuoto presso un punto di raccolta. Gli imballaggi vengono quindi prelevati e inviati presso un centro di smistamento per essere successivamente riciclati e trasformati in materia prima seconda.

“Questo meccanismo non solo incoraggia la raccolta differenziata e il riciclo, ma garantisce anche un’effettiva economia circolare che ‘chiude il cerchio’ con un riciclo di elevata qualità, da ‘bottiglia a bottiglia’ e da ‘lattina a lattina’” si legge nel documento. Gli imballaggi raccolti, infatti, diventano materia prima seconda per produrre altri imballaggi identici.

Oltre a ridurre l’inquinamento ambientale e migliorare i tassi di riciclo, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall’Unione europea, questo sistema permette alle amministrazioni locali di risparmiare, diminuendo i costi legati alla pulizia e alla gestione dei rifiuti: in Europa il costo totale della bonifica dei rifiuti sulla sola terraferma è stimato tra i 10 e i 13 miliardi di euro all’anno.

Attualmente nel mondo sono attivi circa 57 sistemi di deposito, che coinvolgono 357 milioni di persone. L’Europa rappresenta una forza trainante di questa tendenza: tra i primi Paesi a introdurre una forma di deposito ci sono la Svezia (1984), la Finlandia (1996) e la Norvegia (1999); più recentemente il sistema è stato adottato dalla Romania (2023), dall’Ungheria e dall’Irlanda (2024). La Germania (2003) ha il più grande sistema di deposito al mondo, con oltre 130mila punti di raccolta (uno ogni 640 abitanti) e un tasso di restituzione stimato al 98%, il più alto d’Europa.

Una scelta non più rinviabile per l’Italia

Come evidenzia il Rapporto ASviS – Coltivare ora il nostro futuro, negli ultimi anni la gestione dei rifiuti in Italia è migliorata significativamente: tra il 2010 e il 2023 la raccolta dei rifiuti urbani è aumentata di circa 30 punti percentuali, mentre il tasso di riciclaggio ha raggiunto il 51,9%, avvicinandosi all’obiettivo del 60% entro il 2030 dell’Unione europea.

Un sistema di deposito cauzionale potrebbe consolidare il ruolo dell’Italia come modello europeo nell’economia circolare e accelerare il raggiungimento degli obiettivi europei. La popolazione italiana è pronta per questo cambiamento: secondo un sondaggio commissionato dalla campagna A buon rendere - molto più di un vuoto nel 2022, l'83% degli italiani si augura una prossima introduzione di un sistema di deposito cauzionale anche nel nostro Paese.

Come sottolinea il documento, inoltre, un ambiente più pulito potrebbe accrescere l’orgoglio civico e attrarre un maggior numero di imprese e turisti, avvantaggiando la comunità: “un Paese come il nostro, che vanta il numero più alto al mondo di siti patrimonio Unesco (59) e che ha accolto più di 60 milioni di turisti stranieri nel 2024, può solo trarre benefici da tale sistema”.

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