Filiere sostenibili: “Serve un patto con la natura per mettere il futuro in sicurezza”
L’evento ASviS a Bologna ha acceso i riflettori sulle filiere resilienti, con un focus sugli eventi estremi e sul ruolo centrale delle imprese nella transizione ecologica. Presentato lo studio sul sistema di deposito cauzionale.
di Ivan Manzo
I modelli di produzione e consumo sono delle leve strategiche per rafforzare la resilienza delle filiere industriali e agroalimentari, cogliendo così le opportunità della transizione ecologica. Un tema particolarmente urgente per territori come l’Emilia-Romagna, recentemente colpita da eventi alluvionali, che evidenziano la necessità di ripensare profondamente i rapporti tra produzione, ambiente e comunità. È questo il tema a cui è stata dedicata la tappa bolognese del 19 maggio del Festival dello Sviluppo sostenibile, organizzata dall’ASviS, dal titolo “Distretti e filiere sostenibili e resilienti per lo sviluppo dell’Italia”.
Nel corso della giornata, articolata in due sessioni, si è discusso delle implicazioni della direttiva Ue sulla Corporate sustainability due diligence, con un confronto sulle buone pratiche di economia circolare, innovazione e coesione sociale già presenti nel tessuto produttivo italiano. Tra le proposte emerse, anche un focus sul potenziale del deposito cauzionale per i contenitori per bevande come strumento per incentivare filiere più circolari.
L’incontro del mattino, moderato da Rosaria Amato (La Repubblica), è stato aperto dalle parole di Pierluigi Stefanini, presidente dell’ASviS: “I modelli produttivi e di consumo responsabili giocano un ruolo chiave nel rafforzare la competitività e la resilienza delle filiere industriali e agroalimentari. Di fronte alle sfide poste dalla crisi climatica, servono risposte strutturali e lungimiranti. Dobbiamo far comprendere che lo sviluppo sostenibile non è solo necessario, ma anche conveniente”.
Questa visione è stata ripresa da Matteo Lepore, sindaco di Bologna, che ha sottolineato la centralità della collaborazione tra istituzioni e cittadini in un contesto europeo di sfide climatiche e sociali: “Bologna è una delle 100 città europee selezionate per la Missione Ue sulla neutralità climatica. Abbiamo già messo in campo azioni per un valore di sette miliardi di euro, coinvolgendo numerosi soggetti privati che hanno scelto di investire in questa direzione. L’Action plan per l’abitare, che abbiamo presentato a Bruxelles, lancia un messaggio forte: non si può parlare di competitività senza affrontare l’emergenza climatica e quella abitativa”. Ha quindi proseguito: “Non basta più riparare i danni, è necessario riadattare i territori in modo strutturale a ciò che ci attende. Serve una nuova consapevolezza collettiva e un piano d’azione condiviso, che parta dai livelli più alti delle istituzioni. Una singola città non può affrontare da sola la crisi del secolo. Oggi la vera linea di frattura è tra chi si assume la responsabilità di cambiare le cose e chi continua a difendere interessi consolidati nel tempo”.
Un appello a guardare alla complessità dei cambiamenti climatici è arrivato da Giulio Boccaletti, direttore scientifico del Cmcc, che dopo aver descritto i mutamenti significativi che stanno avvenendo nei territori ha aggiunto: “Garantire la stabilità idraulica e il controllo delle risorse idriche è essenziale per il funzionamento delle filiere economiche. È proprio per questo che serve puntare con decisione sull’adattamento climatico, una strategia che ha in realtà radici storiche nel nostro Paese. L’esempio del bacino del Po, ingegnerizzato nel tempo per rispondere alle esigenze umane e produttive, lo dimostra chiaramente: l’idrologia naturale dell’Emilia-Romagna è stata trasformata per garantire stabilità e continuità alle attività economiche. Dobbiamo riconoscere che investire nell’adattamento significa investire nello sviluppo economico. Solo così possiamo mettere in sicurezza il futuro”.
Da questo punto di vista, le imprese giocano un ruolo chiave. Daniela Bernacchi, Executive director Un global compact network Italy, ha evidenziato come la sostenibilità sia ormai un imperativo etico e strategico per il mondo imprenditoriale: “Oggi solo il 17% dei 169 target dell’Agenda 2030 è sulla traiettoria giusta: un dato che impone una riflessione profonda e un’assunzione di responsabilità etica da parte del mondo economico. L’economia circolare offre strumenti concreti per ottimizzare i processi aziendali e ridurre l’impatto ambientale. Parallelamente, stiamo lavorando anche sulla transizione digitale. Il nostro impegno è ispirare e accompagnare le imprese, condividere buone pratiche e costruire percorsi di crescita condivisa con chi sceglie di investire in un futuro sostenibile”.
Su questa scia, Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo: “La sostenibilità deve diventare quotidianità. Il settore agricolo si sta già adattando alle nuove condizioni climatiche attraverso pratiche come l’irrigazione a goccia, che permette di ridurre gli sprechi idrici. Tuttavia, conciliare produzioni sostenibili e consumi sostenibili non è semplice. Se il consumatore non riconosce gli sforzi che un’azienda compie per ridurre il proprio impatto ambientale, questi rischiano di essere vanificati. Per questo è fondamentale lavorare insieme ai cittadini, promuovendo una cultura della responsabilità condivisa”.
Marco Taisch, Politecnico di Milano, ha invece sottolineato la necessità di innovare anche la comunicazione per sostenere una nuova realtà produttiva: “Raccontare la complessità di un prodotto circolare è difficile. È per questo che comunicazione e marketing devono diventare strumenti per sostenere una nuova realtà produttiva. Con il nostro progetto di ricerca investiamo sull’innovazione per costruire filiere e fabbriche sostenibili. Le piccole e medie imprese, in particolare, mostrano ancora una certa difficoltà ad abbracciare pienamente la dimensione sociale e ambientale della sostenibilità. Tuttavia, registriamo con interesse la crescita di una fascia di consumatori sempre più sensibile a questi temi. Il vero rischio è che, se non riusciremo a cambiare rapidamente, perderemo competitività anche nei mercati internazionali”.
Lorenzo Sartori, direttore area innovazione & sostenibilità di Emilbanca, ha aggiunto al dibattito un punto di vista finanziario: “Purtroppo viviamo in una realtà dominata da una logica trimestrale. Le transizioni in corso sono molteplici, e la loro complessità rende difficile trovare una direzione univoca. In questo contesto, sentiamo la responsabilità di agire come tessuto connettivo tra i diversi attori del cambiamento. Oggi esistono innovazioni in grado di farci compiere un salto di qualità enorme in termini di sostenibilità. Ma per coglierne appieno il potenziale, dobbiamo avere fiducia nell’innovazione stessa e, soprattutto, riconoscere il ruolo cruciale delle università nell’interpretare i fenomeni in atto”.
Di seguito, è stato presentato il documento “Il deposito cauzionale, questo sconosciuto. Cosa fare per ridurre la dispersione nell’ambiente di bottiglie di plastica e lattine?”, redatto dall’ASviS e A buon rendere. Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, ha così commentato: “Mi sono stufato di chi, nonostante i dati, continua a ripetere che fare sostenibilità è un costo. È falso. I dati dimostrano che chi fa sostenibilità guadagna competitività e ha una posizione finanziaria più solida. L’Italia ha buoni indicatori sull’economia circolare, ma il nuovo regolamento europeo ci chiede di fare di più, riducendo drasticamente i rifiuti. Il documento che pubblichiamo oggi dimostra che possiamo integrare nuove buone pratiche e valorizzare i comportamenti dei consumatori, generando vantaggi economici e ambientali. Abbiamo la possibilità di premiare i comportamenti virtuosi, e ciò può generare valore aggiunto. Uno dei messaggi fondamentali dello studio è che bisogna mettere in connessione produttori e consumatori. Serve volontà politica, cioè un impegno comune ad andare nella stessa direzione”.
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Enzo Favoino, coordinatore scientifico “A buon rendere” e “Zero waste Europe”, è poi entrato nel merito della pubblicazione: “L’Europa importa il 60% di materie prime da altri continenti: un dato che ha ispirato la creazione dell’Agenda Ue sull’economia circolare. Va in questo senso la proposta sul sistema di deposito cauzionale - Deposit return system (Drs) -. Ogni anno l’Italia non avvia a riciclo otto miliardi di contenitori di bevande. Il 92% di queste bottiglie non viene poi ritrasformato in bottiglie. L’introduzione del Drs in Italia avrebbe un impatto immediato su diversi fronti: permetterebbe di ridurre significativamente la dispersione dei rifiuti plastici, contribuendo così al raggiungimento degli obiettivi europei e garantendo una maggiore disponibilità di risorse. Ciò significa anche meno dipendenza dalle importazioni e più competitività per l’industria nazionale”.
Le parole di Filippo Bocchi, direttore valore condiviso e sostenibilità di Hera, hanno evidenziato come la sostenibilità possa diventare un elemento integrato e vantaggioso anche per le grandi aziende: “Abbiamo redatto il primo bilancio di sostenibilità nel 2003, molto prima che diventasse un obbligo normativo. Comunicare all’esterno risultati concreti migliora l’immagine dell’azienda, ma soprattutto stimola un cambiamento nei processi interni, integrando davvero la sostenibilità nel business”.
Non sono mancate le riflessioni sulle politiche di regolamentazione. Guglielmina Onofri, funzionario generale in materia di sostenibilità di Consob, ha spiegato che “l’obiettivo della Consob è tutelare gli investitori, garantendo scelte consapevoli. Stiamo valutando l’impatto delle nuove norme e come contrastare il greenwashing. Il pacchetto Omnibus punta alla semplificazione, e questo è condivisibile, ma l’innalzamento della soglia di rendicontazione alle aziende con oltre mille dipendenti è critico: rischia di escludere molte imprese che già comunicavano da tempo sulla sostenibilità”.
In questo senso, una critica è arrivata anche da Margherita Romanelli, Strategic programming, advocacy and partnership coordinator italian and european programs, WeWorld: “La direttiva europea sulla due diligence rappresenta un passaggio decisivo dal volontariato all’obbligatorio. Ma con il pacchetto Omnibus si riduce la portata di questo impegno, segnando un arretramento preoccupante. Una rendicontazione credibile richiede il coinvolgimento di tutti gli stakeholder, che oggi rischiano di essere esclusi. Sul piano della competitività, mentre si parla di guerra dei dazi, l’Europa dovrebbe invece guidare una battaglia per standard sociali e ambientali più elevati”.
In chiusura, Gianmaria Balducci, presidente di Cefla, ha guardato con speranza alle nuove generazioni: “La riduzione degli obblighi per le Pmi prevista dal pacchetto Omnibus della Commissione europea rende le grandi imprese ancora più responsabili nel portare avanti la sostenibilità. Ma sarebbe un errore rallentare: questa è la strada giusta, anche per attrarre le nuove generazioni.”.
La sessione pomeridiana, moderata da Luca Ponzi (Rai Tgr Emilia-Romagna), ha approfondito il tema della ricostruzione e della sostenibilità nelle Regioni colpite dagli eventi estremi. Fabrizio Curcio, commissario straordinario di Governo alla ricostruzione nei territori colpiti dall’alluvione verificatasi in Emilia-Romagna, Toscana e Marche, ha aperto il dibattito: “Tendiamo, come comunità, a interessarci a un problema solo quando ci cade addosso. La storia delle emergenze nel nostro Paese lo dimostra: troppe volte sono state autorizzate costruzioni in zone palesemente a rischio. Su questi temi serve un grande lavoro culturale, per spiegare ai cittadini la complessità delle scelte e l’importanza di una consapevolezza più profonda del territorio in cui viviamo. Forse è arrivato il momento di stipulare un nuovo patto con la natura. Il punto è valutare davvero cosa siamo disposti a rischiare quando un corso d’acqua si riprende il proprio spazio. Occorre ripensare il nostro rapporto con un territorio geologicamente fragile, chiedendoci come evitare di aggravare situazioni già critiche e come costruire condizioni di convivenza più sicure e sostenibili”.
In questo quadro, il settore della mobilità sostenibile emerge come uno dei pilastri su cui investire. Per Giuseppina Gualtieri, presidente e amministratore delegato di Tper Spa, “si parla spesso di mobilità in chiave ambientale, ridurre l’impatto significa investire in soluzioni sostenibili. Per raggiungere la neutralità climatica entro il 2030, Bologna deve adottare le migliori tecnologie disponibili. Abbiamo già realizzato investimenti per 102 milioni di euro, con l’acquisto, per esempio, di 185 mezzi decarbonizzati. In sostanza, stiamo già ottenendo risultati concreti in una sfida che, per essere vinta, ha bisogno di tutti”.
Marie-Charlotte Montaut, Sustainability officer di Ima, ha parlato di approccio integrato: “Per noi decarbonizzazione, circolarità e dimensione sociale hanno pari importanza. Il nostro lavoro si concentra soprattutto sulle piccole e medie imprese, oggi più esposte ai rischi. Vogliamo rafforzare il tessuto industriale puntando su solidità e competitività. A fine 2023 abbiamo lanciato un programma con obiettivi comuni nelle catene di fornitura, creando consapevolezza e mappando le pratiche già in atto. In molti hanno già fatto passi importanti: il 50% dei fornitori analizzati aveva già fissato obiettivi di riduzione delle emissioni”.
Il tema della sostenibilità come driver imprescindibile è stato confermato da Andrea Bontempi, direttore generale di Nomisma: “Il decreto Omnibus ha riacceso il dibattito sulla semplificazione delle regole di rendicontazione. Ma le imprese, pur aggiornando le proprie strategie, non si stanno allontanando dalla sostenibilità, considerata un percorso inevitabile. Anche il mondo finanziario spinge in questa direzione, legando credito e criteri Esg. Il rischio d’impresa oggi si misura anche su questi parametri, come sottolinea il World economic forum, che identifica i rischi ambientali tra i più rilevanti per i prossimi anni”.
Francesco Malaguti, presidente di Camst Group, ha raccontato la realtà della cooperativa: “Abbiamo chiesto alle startup come innovare nelle pratiche sostenibili, e questo approccio ha dato risultati. Il punto centrale è coinvolgere le persone, far capire che possono essere protagoniste del cambiamento. La sostenibilità, quando comunicata bene, fa sentire parte di un progetto collettivo. Per questo abbiamo scelto di trasformarci in società benefit: un impegno di lungo termine per dimostrare che fare impresa può significare anche generare un impatto positivo sul futuro”.
Lara Ponti, vicepresidente di Confindustria, ha poi invitato a “costruire alleanze credibili sulla sostenibilità. Finora ci siamo concentrati soprattutto su cosa non si deve fare, mettendo in secondo piano la dimensione più potente: la visione del futuro. Nelle piccole imprese, che costituiscono la spina dorsale dell’economia italiana, prevale spesso un senso di inadeguatezza. Dovremmo invece valorizzare le opportunità offerte dalla trasformazione sostenibile. Nonostante le difficoltà, la direzione è chiara: non esiste una contrapposizione tra sostenibilità e competitività”.
Furio Truzzi, presidente di Consumers’ forum, ha posto invece l’accento sull’importanza di chiarire le leve da attivare per la sostenibilità, soprattutto in un contesto internazionale complesso: “Le politiche di sostenibilità sono oggi minacciate anche da dinamiche internazionali, come quella rappresentata da Trump. La risposta deve essere una semplificazione normativa e un orientamento chiaro. Si parla troppo poco di sostenibilità consumerista, che non riguarda solo i comportamenti individuali, ma rappresenta una sfida profonda per il modello di impresa. Oggi possiamo contare su grandi realtà al nostro fianco: rafforzare la sostenibilità come valore del partenariato sociale è la strada da seguire”.
Sul fronte dei consumatori, Domenico Livio Trombone, presidente di Coop alleanza 3.0, ha sottolineato la necessità di “trovare un punto d’equilibrio tra le esigenze dei consumatori adulti e quelle dei giovani, che chiedono prodotti sani ed etici. La politica dovrebbe ascoltare i messaggi che arrivano dalle nuove generazioni: stanno chiedendo un cambiamento. Quando fu introdotta la raccolta differenziata, molti anziani fecero fatica, ma tra i più giovani è diventata pratica naturale, che fanno con entusiasmo. Questo dimostra che, pur mantenendo la sostenibilità economica al centro, la società di oggi, e soprattutto quella di domani, cerca valori diversi. E molte aziende, oggi in difficoltà, lo stanno capendo sulla propria pelle”.
Infine, Ethel Frasinetti, direttrice generale della Fondazione del monte di Bologna e Ravenna, ha descritto la trasformazione delle fondazioni: “Per noi distretti e filiere sono veri ecosistemi, dove contano tutti gli attori e non solo la componente produttiva. Sostenibilità e fondazioni bancarie possono dialogare bene: lo scorso anno abbiamo inserito nel nostro statuto gli Obiettivi dell’Agenda 2030, riconoscendoli come impegni da perseguire. È stato un passaggio cruciale, una presa di coscienza del nostro tempo. Oggi non ci limitiamo più a finanziare singoli progetti: stiamo trasformando il nostro approccio, passando da progetto a processo, con un’organizzazione interna orientata a obiettivi trasversali”.