Libri in Agenda: rivivi i sette appuntamenti del Festival sui volumi a tema sostenibilità

Democrazia, intelligenza artificiale, spazio, restaurazione della natura, ma anche libertà generativa, clima e multilateralismo: questi i temi che hanno animato le presentazioni al Palazzo delle esposizioni di Roma, nella rassegna curata da Pandora Rivista.

di Flavio Natale

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Il Festival dello Sviluppo Sostenibile, tra le tante iniziative di maggio dedicate all’Agenda 2030, ha sempre dedicato particolare attenzione ai libri che si occupavano di sostenibilità. Ma nell’edizione di quest’anno l’ASviS ha deciso di fare un passo in più, con un’intera rassegna sul tema: si tratta di Libri in Agenda, curata da Giacomo Bottos, presidente di Pandora Rivista, e svoltasi nel Palazzo delle Esposizioni di Roma. Sette presentazioni per capire noi stessi e il mondo che ci circonda, e per discutere di sviluppo sostenibile con gli autori e le autrici.  

Il libro Guarire la democrazia. Per un nuovo paradigma politico ed economico dell’economista Leonardo Becchetti ha aperto le danze il 6 maggio. A dialogare con lui voci autorevoli come il politologo Marc Lazar, il direttore scientifico dell’ASviS Enrico Giovannini e l’attivista, nonché coordinatrice dei Gruppi di lavoro ASviS sui Goal 16 e 17 (pace e cooperazione internazionale) dell’Agenda 2030, Diva Ricevuto. I relatori hanno riflettuto insieme sul significato profondo della democrazia e sulle sfide cruciali del nostro tempo: crisi climatica, disuguaglianze crescenti, impatto dei social media, nuove tecnologie e transizione ecologica.

Per illustrare il volume, Becchetti ha presentato il “paradigma del medico sociale”, diagnosticando i mali della democrazia: la perdita di coesione sociale alimentata dalla globalizzazione, dalle disuguaglianze e dall’intelligenza artificiale, l’ascesa del complottismo e del populismo, e il ruolo negativo dei social media, progettati per massimizzare il profitto attraverso la polarizzazione. Richiamando le parole di Papa Francesco – che nell’Enciclica Fratelli tutti ricordava gli effetti nocivi della perdita del concetto di fraternità – Becchetti ha affermato: “Siamo progressivamente tornati alla guerra primitiva delle risorse. Oggi dobbiamo riscoprire la capacità di relazionarci e superare gli approcci solo economicisti: l’uomo è un cercatore di senso. Serve rimettere al centro la qualità della vita di relazione per superare questi mali”. Lo ha seguito nella discussione Enrico Giovannini, che ha offerto un’analisi storica e politica, partendo da un esempio: “Negli anni ’30, negli Stati Uniti, il New Deal promosso da Roosevelt diede una risposta forte ai problemi delle persone, scongiurando un’onda populista e antidemocratica che aveva raccolto in poco tempo oltre mezzo milione di consensi. La democrazia nasce per proteggere i diritti dei cittadini in un contesto di paure diffuse, ma oggi è chiamata a reggere pressioni enormi, tra cui migrazioni, crisi economiche e instabilità geopolitica. Quando la paura è superiore alla soglia di tenuta, le istituzioni democratiche vacillano”, ha spiegato Giovannini, sottolineando l’urgenza di politiche in grado di rassicurare, includere e ispirare la popolazione.  

https://2025.festivalsvilupposostenibile.it/notizie/1164-2993/le-malattie-della-democrazia-si-combattono-con-un-nuovo-paradigma-sociale

Tra i tanti temi di frattura che stanno mettendo a dura prova la nostra visione del mondo c’è l’AI, al centro del saggio Intelligenza artificiale sociale, scritto dal giornalista Vanni Rinaldi e pubblicato da Rubbettino editore. L’evento (9 maggio) ha visto la partecipazione del giornalista Riccardo Staglianò e del tecnologo Massimo Chiriatti. L’intelligenza artificiale, come sappiamo, potrebbe condurre l’essere umano a superare i suoi limiti cognitivi e biologici. Per alcuni questo è un aspetto positivo dell’innovazione, mentre per altri no. Ma quello su cui si trovano quasi tutti d’accordo è che le enormi potenzialità di questo strumento non possono restare nelle mani di poche persone. E che per invertire la rotta bisogna fare qualcosa. Ad esempio, riappropriarci dei nostri dati e destinarli alla creazione di un’intelligenza artificiale che sia al servizio della comunità, come chiede nel suo libro Rinaldi. “Il vero cambiamento che ha portato allo sviluppo dell’AI siamo noi, l’enorme quantità di dati che produciamo quotidianamente”, ha esordito l’autore nel suo intervento. Dati di cui siamo stati “spossessati”, che abbiamo donato in cambio del “libero” accesso alle piattaforme. Cosa fare, allora? Lasciare queste informazioni preziose alle big tech, oppure riappropriarcene, “prendere coscienza e agitarci, come direbbe Gramsci. E soprattutto organizzarci”.

La corsa allo spazio e il crescente protagonismo degli attori privati nella space economy sono stati invece al centro della presentazione del saggio Ecologia spaziale. Dalla Terra alla Luna a Marte di Patrizia Caraveo, astrofisica e dirigente di ricerca dell’Istituto di astrofisica spaziale e fisica cosmica di Milano, che ha dialogato il 15 maggio con Amedeo Balbi, astrofisico, divulgatore scientifico e saggista italiano.

L’incontro si è aperto con una riflessione a partire da un time lapse che mostra l’intenso traffico orbitale sopra i cieli del Montana, negli Stati Uniti. Caraveo ha sottolineato come il numero di satelliti in orbita sia aumentato in modo esponenziale dal 2015, in particolare a causa dell’ingresso massiccio degli attori privati, con SpaceX in prima linea (su circa 11.400 oggetti attivi in orbita, oltre 7mila appartengono all’azienda di Elon Musk). Una concentrazione di potere che pone interrogativi sulla gestione e sull’accesso a quello che dovrebbe essere un bene comune, oltre che sugli alti tassi di inquinamento che i satelliti emettono nel loro tragitto. “Non dobbiamo dimenticare che lo spazio è qualcosa che non appartiene a nessuno”, ha affermato Caraveo, “è un bene comune che imprenditori agguerriti come Musk stanno occupando, ma lui sta occupando qualcosa che appartiene a tutti, così come i pescherecci nel mezzo dell’Atlantico pescano pazzamente qualsiasi tipo di pesce commercialmente interessante, distruggendo la popolazione ittica dell’oceano”. E poi ha concluso: “Bisogna evitare l’utilizzo eccessivo dei beni comuni. È una cosa che succede sempre, si chiama disastro dei beni comuni”.

Beni comuni di cui fa parte la natura, la cui restaurazione è un concetto prioritario che dovrebbe essere messo al centro del dibattito culturale e politico contemporaneo. La Nature restoration law, approvata dal Parlamento europeo nel 2024, prevede il restauro della natura per il 20% entro il 2030 e del 90% entro il 2050, ma la sua approvazione ha provocato scontri ideologici e una spaccatura politica molto forte. Per questo motivo, il biologo e docente di ecologia dell’Università Politecnica delle Marche Roberto Danovaro, nella sua ultima pubblicazione Restaurare la natura, Edizioni Ambiente, ha cercato di fare chiarezza sull’argomento e individuare soluzioni. Alla presentazione, che si è svolta il 16 maggio, hanno partecipato Rossella Muroni, sociologa, esperta di sostenibilità ambientale e coordinatrice del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 11 “Città e comunità sostenibili” e Edoardo Zanchini, direttore dell’ufficio clima del Comune di Roma, architetto e dottore di ricerca in pianificazione urbanistica. Parlare di restaurazione in un momento in cui si stanno verificando guerre è controcorrente, però è indispensabile, secondo Danovaro. “L’economia del restauro potrebbe essere anche una bandiera dell’economia della pace. Il restauro ecologico, restituendo benessere ed economia alle comunità locali e andando a favore delle comunità locali inverte questo processo, diminuisce le tensioni sociali e favorisce un processo di equità nella redistribuzione delle risorse”. 

Tensioni sociali ed equa distribuzione delle risorse che richiamano la necessità di un equo rapporto con gli altri, l’unico modo che abbiamo per esercitare un concetto di libertà che sia transitiva, generativa e non predatoria. È questa l’idea che attraversa il libro Generare libertà (Il Mulino), scritto da Mauro Magatti e Chiara Giaccardi, sociologi all’Università Cattolica, e presentato il 20 maggio in compagnia di Andrea Prencipe, già rettore della Luiss e autore del libro Università generativa, Paola Dubini, professoressa di Management all’Università Luigi Bocconi e coordinatrice del Gruppo di lavoro trasversale “Cultura per lo sviluppo sostenibile” dell’ASviS e Luigino Bruni, ordinario di Economia politica alla Lumsa. Magatti ha posto l’accento sulla riflessione al centro del libro: l’idea moderna di libertà ha spinto l’umanità verso un salto straordinario, “dall’aumento del Pil alla speranza di vita alla crescita demografica”. Questo successo ha prodotto però anche una “enorme crisi entropica”, ovvero una pressione crescente sui limiti del pianeta. “Non esiste forma di vita che non sia in relazione con ciò che c’era prima e ciò che ci sarà dopo”, ha detto, criticando l’illusione individualista che ci fa pensare di esistere in modo isolato. Un’idea confermata anche da Giaccardi, che ha spiegato che la generatività “non è un modello o una teoria, ma un modo di raccontare la trasformazione nel legame”. Generare, ha sottolineato, è diverso dal produrre: “La radice ‘gen’ indica relazione. Generare è un processo vitale, che definisce chi dà tanto quanto chi riceve”. Luigino Bruni, ordinario di Economia politica alla Lumsa, ha infine riflettuto sul tema della libertà come filo conduttore del testo, invitando a considerare la “dimensione ambivalente” di libertà e capitalismo: “Nel Novecento il capitalismo era lavoro, imprenditorialità, produzione. Alla fine del secolo ha lasciato la fabbrica per abbracciare il consumo, un passaggio che, come osservava Pasolini, ha inciso profondamente sul piano dei desideri. Abbiamo sovrastimato il lavoro e sottostimato la cura. Ma il vero cambiamento culturale oggi è far sì che la stima passi dal lavoro alla vita. La rivoluzione della cura è dare valore al basso impatto”.

Risposte collettive, dunque, che non sono però così semplici da mettere in pratica, specialmente quando si parla di cambiamento climatico. I motivi sono molti – economici, sociali, politici – ma tra questi c’è anche una nostra resistenza cognitiva, molto personale e difficile da scardinare, al cambiamento. Da questa considerazione si muove il saggio La sfida climatica, scritto da Antonello Pasini – fisico climatologo del Cnr e docente di Fisica del clima all’Università di Roma Tre, nonché divulgatore – pubblicato da Codice edizioni. L’evento di presentazione (23 maggio) ha visto la partecipazione dell’economista Valeria Termini, il fondatore della casa editrice Vittorio Bo e la giornalista Francesca Santolini. “Nella vita, siamo abituati ad avere a che fare con problemi semplici e immediati. Fatichiamo invece quando ci troviamo davanti alla complessità. In un sistema complesso si tappa un buco da una parte e si apre una voragine dall’altra”, ha commentato Pasini. Comunicare questa complessità è un problema tutt’altro che semplice, che l’autore ha provato a spacchettare nel libro, corredando il testo di prove ed evidenze scientifiche. “Si tratta di una sfida comunicativa. È difficile far passare il messaggio che il cambiamento climatico non sia un problema ideologico, ma scientifico e reale. E che inficia qualsiasi concetto di futuro che abbiamo, sia a destra che a sinistra”, ha affermato. Inoltre, ha aggiunto Pasini, bisogna essere “pragmatici”, e per questo l’ultimo capitolo del saggio espone una serie di soluzioni concrete per fare i conti con la complessità del sistema.

Parlando di complessità e sfide del presente, cogliamo l’occasione per invitarvi all’ultimo evento di questa rassegna, che si terrà il 30 maggio sempre presso il Palazzo delle Esposizioni, dove sarà presentato Obiettivo 2030: come trasformare l’Italia per un futuro sostenibile, edito da Rubbettino Editore. Il saggio, partendo dai risultati e da un’ampia sintesi del Rapporto ASviS 2024, si avvale di contributi di esperti ed esperte di rilievo per aggiornare le considerazioni del documento dell’Alleanza (uscito a ottobre scorso, poco prima del ciclone Trump) ed elaborare proposte concrete per il futuro. L’evento vedrà la partecipazione dell’economista e coautrice Lucrezia Reichlin, Enrico Giovannini, autore della prefazione, e Giuliano Amato, ex premier e presidente emerito della Corte costituzionale. Vi aspettiamo. 

di Flavio Natale